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Il riposo del guerriero

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IL RIPOSO DEL GUERRIERO
Le recenti Amministrative ci hanno consegnato una mappa politica italiana diversa dalle aspettative del centrodestra. In pratica la partita si è svolta principalmente in quattro aree metropolitane, Torino, Milano, Bologna e Napoli. Ovviamente sono state interessate molte altre giunte comunali ma queste quattro sono le più indicative.
A Torino e Bologna la partita si è chiusa nei tempi regolamentari, ovvero al primo turno con l’elezione dei due candidati sindaci del centrosinistra, a Milano e a Napoli si ricorrerà ai tempi supplementari, alias ballottaggio a fine mese.
Se a Torimo e Bologna la sconfitta del centrodestra non pone alcun problema perché quelle aree sono quasi sempre state appannaggio della sinistra, tranne la parentesi bolognese di Guazzaloca alcuni anni fa, a Milano e a Napoli la situazione precedente prevedeva una vittoria al primo turno della destra. Così non è stato.
A Napoli si è addirittura corso in tre, Pdl Pd e Idv. A sorpresa il ballottaggio si farà tra Idv e Pdl. Eppure le premesse erano ben altre. l’arma in più della destra doveva essere la spazzatura perché su quella si è maggiormente incentrata la campagna elettorale. Le colpe dell’immondezzaio urbano erano addebitate all’amministrazione uscente, Berlusconi stesso è sceso come Federisco Barbarossa un paio di volte e, forte del suo carisma, ha costretto la spazzatura ha fare le valige e traslocare da sola verso gli inceneritori, un po’ come quella pubblicità del panno antipolvere, tanto per intenderci.
Cosa, quindi, non ha funzionato nella campagna elettorale? Più d’una cosa, vediamone una insieme.
A Napoli oltre la spazzatura vera e propria vi è un altro tipo di spazzatura, quella politica, ed è proprio questa che non è facile da smaltire. Ultimamente scandali e dicerie hanno dilagato e costretto molti politici a fare come i piloti di formula uno quando si tolgono dalla visiera le mascherine trasparenti sporcate dei residui delle macchine davanti. Solo che per i piloti questo funziona ma per i politici avviene un fatto curioso, tolta la mascherina quello che c’è sotto non è una faccia pulita ma ben più compromessa.
L’elettorato non è stupido, non si fida più, ha voglia di cambiamento, ormai le carte in gioco sono tutte segnate e riconoscibilissime. Occorrono nuove carte, sperando che portino fiù fortuna. Carte che siano ancora intonse non solo per la brava gente ma anche per le organizzazioni che dietro le facciate controllono tutti i traffici. Ovviamente è più facile imbastire accordi con nuovi personaggi che con quelli ormai del tutto smaliziati. Per carità di Dio, spero di non essere frainteso, qui si parla di possibili tentativi, col dire si può fare tutto poi sta alla persona corretta non accettare determinate offerte, e in politica si è sempre sperato che il nuovo sia meglio del vecchio. In ogni modo aspettiamo l’esito dei tempi supplementari.
A Milano la faccenda è completamente diversa, anche se per certi versi anche quall’area è sempre più contaminata dalle stesse “società” che imperversano al Sud, checchè ne dicano i poveri finti illusi. Qui, ad ogni modo, le premesse erano un sindaco uscente dopo due legislature contro un nuovo personaggio, vecchio sessantottino, svezzato nelle fila dell’antico comunismo, molto prossimo all’eversismo.
A rendere più emozionante la campagna è sceso addirittura in campo il big dei big. Per la verità lo aveva sempre fatto, ma senpre con la sicurezza di essere nel giusto e di leggere negli occhi degli elettori l’insopita fiamma della fede. Questa volta la vista doveva essere appannata perché non è precisamente questo ciò che traspariva dagli occhi dell’elettorato ma un sentimento simile alla noia, alla stanchezza, alla rottura de bal, come si dice lassù.
Questa volta il pifferaio magico ha fatto cilecca, non è riuscito a sovvertire i pronostici perché in fondo non è riuscito, e non poteva in alcun modo riuscirci, a infondere negli elettori quello spirito combattivo pioneristico che in passato aveva infiammato gli animi. Ormai il grande big non ha più nulla da offrire, dopo quasi venti anni i suoi cavalli di battaglia sono sempre gli stessi e perciò usurati.
Se fossimo in un dopo guerra lo slogan Giustizia e Libertà avrebbe fatto sicuramente furore ma guerre non ce ne sono state e il motto si è tradotto in Lotta alla giustizia e Libertà di cavarmela sempre nel migliore dei modi. L’elettorato è stanco, non ne può più. Può anche darsi che alla fine con qualche miracolo di estrema compravendita riesca anche a farcela ma ormai il giocattolo è logoro, sarà difficile riproporlo di nuovo. Anche i comprimari sono logori, a forza di rimboccarsi le maniche per accorrere in aiuto al capo non sanno più cosa sia giusto e cosa invece sbagliato. Qualcuno dirà che questo è spirito di corpo, sbagliato, il corporativismo è morto, siamo ormai al canto del cigno.

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